COME LA TELEVISIONE TRASFORMA UNO STADIO DA IMPIANTO SPORTIVO A GRANDE PALCOSCENICO

Vorrei rispondere immediatamente alla domanda. La televisione trasforma uno stadio da impianto sportivo a grande palcoscenico in due modi:
adattando l’impianto sportivo alle proprie esigenze
costruendo uno spettacolo diverso per un pubblico diverso
COMPLETO

All’interno del pullman della ripresa televisiva, la sensazione dello stadio come palcoscenico è reale e percettibile. Il regista vede il campo di calcio come un teatro, un set, uno studio; con gli spazi scenici, le luci e gli attori. La partita è uno speciale spettacolo che va in scena senza copione e dove l’improvvisazione è d’obbligo. Si recita a soggetto e il capriccio dell’attore e della sorte sono frequenti. Il finale della pièce non si conosce e molte volte smentisce le più accreditate previsioni.
Per la verità, almeno alcuni punti fermi ci sono. Il palcoscenico è ben delimitato così come la durata dello spettacolo: si gioca in uno spazio di circa 120 metri per 60, per circa 90 minuti complessivi e le regole sono note a tutti.
Il regista che s’avventuri in quella impresa si troverà davanti ad un pubblico teatrale appassionato, calcolato in migliaia e migliaia di persone. Ma sa di lavorare per un'altra platea, invisibile e distante, questa volta calcolata in milioni di persone, alcune volte in centinaia di milioni, qualche volta addirittura in miliardi.
Nessun teatro potrebbe mai ospitarla tutta.
Questo nuovo tipo di spettacolo ha già una storia di mezzo secolo. Nasce negli Anni ’50, con un paio di telecamere sistemate in tribuna e collegate ad un pullmino parcheggiato davanti allo stadio. L’impianto sportivo, che è palcoscenico e platea di un evento reale, è già sostanzialmente adatto alla televisione. Dalla tribuna si gode una visione completa della partita; la visibilità dell’area di gioco è “disegnata” sul campo con tutte le sue specifiche (le linee di fondo, quelle laterali, il centro campo, l’area di porta, l’area di rigore, i calci d’angolo…). La televisione ricava per se uno spazio in tribuna centrale tra gli spettatori paganti: se questi vedono bene la partita, sarà così anche per i telespettatori a casa.
Si presenta con due telecamere, pesanti come armadi, una accanto all’altra e una di riserva all’altra perché del tutto inaffidabili. All’inizio hanno ottiche fisse e la torretta porta tre o quattro obbiettivi. Diventerà del tutto normale che il primo tecnico (i cameramen non esistono ancora) lavori con una inquadratura larga e il secondo con un campo stretto. Queste due inquadrature centrano il tema fondamentale della partita in modo semplice e comprensibile a tutti: una camera per il gioco e una per il giocatore, una per l’azione e una per l’emozione. Nasce così il binomio linguistico che ha fatto la fortuna del calcio… e della televisione!

Questo matrimonio sviluppa parallelamente forti interessi economici e nuove tecnologie di ripresa. Il Campionato del mondo giocato in Svizzera nel ’54 viene trasmesso in eurovisione. Le due telecamere iniziali, diventano quattro per il Mondiale svedese del ’58. Le nove telecamere con cui a Wembley si realizzò la finale Inghilterra-Germania del 1966 per molti anni costituiscono un primato. In quel decennio compaiono le lenti zoom, il colore, il rallenty, la grafica e il satellite geostazionario. Dopo Italia ’90, si superano stabilmente le quindici telecamere, arriva lo schermo a 16:9 e l’alta definizione. Intanto le televisioni tematiche fanno concorrenza ai broadcasters tradizionali e la moltiplicazione dei canali offerta dalle tecnologie digitali consente la televisione interattiva. Oggi, la partita di finale mondiale o europeo o di Champions si realizza con una trentina di telecamere. Il grande evento richiama decine e decine di network e il vecchio stadio per il pubblico pagante deve rispondere a nuove esigenze.
Alcune condizioni di base non cambiano: lo stadio ottimale per il pubblico possiede le caratteristiche essenziali per le riprese televisive. Lo stadio che nasce per il calcio favorisce sia il pubblico pagante che le riprese televisive. Se l’inclinazione delle tribune consente di vedere bene la partita, questo vale sia per gli spettatori che per le telecamere; se le prime file delle poltroncine sono a pochi metri dai giocatori, questa circostanza è ottimale sia per gli spettatori che per le telecamere.
Ma l’impianto sportivo deve offrire ai mass media – televisioni, radio, carta stampata, fotografi, internet - condizioni e servizi che non riguardano il pubblico pagante e che oggi fanno parte di un capitolato specifico per le esigenze televisive.
Quali sono? Il grande evento reclama innanzitutto spazi propri: per le telecamere dell’host broadcaster (circa due mq. per ciascuna) e per quelle di personalizzazione dei right holders, che sono aggiuntive alla ripresa e si posizionano in punti sensibili del campo e delle tribune. Alla fine, per una finale di calcio possono entrare allo stadio anche un centinaio di telecamere, di cui più della metà direttamente coinvolte nella ripresa della partita per il programma internazionale e quelli nazionali dei singoli network, le altre per le interviste e il colore.
Il secondo punto nevralgico è la tribuna centrale che, per buona parte, dovrà essere destinata alle postazioni cronaca per i telecronisti, i radiocronisti e i giornalisti della carta stampata. Sono aree di lavoro riservate e servite di energia e servizi multimediali. Servono poi – non visibili agli spettatori - spazi attrezzati vicini agli spogliatoi per le sale stampa e gli studi per le interviste; i presentation studio con vista sul campo; la mixed zone aperta a tutte le televisioni, le radio e la carta stampata che hanno diritto di fare interviste.
Tutte queste zone sono cablate da decine e decine di chilometri di cavi. Uno stadio moderno dovrebbe prevedere almeno una parte di cablaggio fisso che dai pullman di ripresa raggiunga in sicurezza telecamere, microfoni e aree di lavoro; ma per il grande evento sono indispensabili tunnel, ponti e barelle per il percorso dei cavi occasionali.
Tutti questi cavi arrivano in una terza area nevralgica: il compound. Quel parcheggio del primo pullmino di ripresa è diventato un’area di 5 -10.000 mq. adiacente allo stadio ed ospita decine di OB van (Outside Broadcasting van, pullman di ripresa e messa in onda in esterna) che sono imponenti bilici a doppia espansione, allineati accanto a pullman satellite, mezzi di appoggio e mezzi di registrazione. Si aggiungano gruppi elettrogeni e armadi per la terminazioni dei cavi, uffici ed aree di ristoro per decine di televisioni. Questo gigantesco apparato di ripresa e i suoi servizi interni ed esterni allo stadio impongono un corrispondente sistema di sicurezza.
Di solito, la maggior parte degli stadi, quelli già costruiti, non rispondono a queste esigenze televisive. Per quelli nuovi, soprattutto se modesti, succede spesso che il capitolato relativo a queste esigenze venga elaborato a costruzione dell’impianto sportivo già ultimata, letteralmente arrangiando le soluzioni sul campo.

Comunque, il nostro piccolo “ teatro” locale si è ingigantito ed ha ora le potenzialità per diventare un palcoscenico mondiale:
- nel senso che è in grado di produrre uno spettacolo completamente diverso
- nel senso che può farlo arrivare ad una platea incomparabilmente più vasta.

Questo secondo aspetto è noto e nell’esperienza di tutti. Ma è così normale che spesso ce ne dimentichiamo: lo sport di cui la gente si emoziona, di cui discute e di cui ha memoria è quello visto in casa propria davanti al televisore. Il rigore dato al 92° su cui ci si accapiglia è quello visto in televisione. Il sorpasso decisivo della Ferrari è quello mostrato dalla televisione e non quello visto dai pochi fortunati che casualmente si trovavano sulle tribune di quel tratto di pista. Lo sport è fruito tramite la televisione; lo sport è un’esperienza televisiva.
Ma non è soltanto il fatto di tele-visione, della facilità di ricevere l’avvenimento in casa piuttosto che andarlo a cercare: si tratta anche della scelta di una diversa esperienza dello sport. Alcune discipline come il ciclismo, la vela o la maratona, non consentono una visione diretta (se non molto parziale) e alla fine esistono solo come esperienza televisiva. Per molte altre, come l’automobilismo, il golf o lo sci, si può avere una esperienza diretta limitata. Ma anche quando l’evento si svolge in un luogo completamente visibile, come uno stadio, un palazzetto o una piscina, anche in questi casi la ripresa televisiva offre una interpretazione per immagini che consente di apprezzare diversamente la disciplina o il gioco di squadra, fatto il debito conto della diversa motivazione che induce l’appassionato ad andare sul campo piuttosto che seguire l’avvenimento in televisione.
La ripresa con le telecamere si è dunque sostituita, per gran parte, all’esperienza diretta e le due percezioni dell’avvenimento sono molto diverse. Lo spettatore reale e il telespettatore sono di fronte a due spettacoli molto diversi.
Prendete un meeting di atletica. Là dove il campo offre complessivamente e contemporaneamente corse e concorsi (per cui lo spettatore presta attenzione a due o tre punti focali più o meno a suo favore secondo il posto che occupa allo stadio) la televisione seleziona e mette in sequenza le corse e le migliori performances dei concorsi, alternando diretta e registrazione e ricostruendo l’asse temporale. Lo stesso avviene per l’open di golf o il ciclismo a cronometro. Non si perde nulla di quanto è importante e tutto si vede meglio. Nella discesa libera di sci, per rendere realistica la gara, il regista “manipola” i tempi e gli spazi reali, registrando le parti interessanti della pista e mandandole in onda prima delle parti in diretta. Una ricostruzione che taglia quanto non è significativo, riduce i tempi alla misura degli intervalli di partenza e consente di vedere le prestazioni di tutti gli atleti.
Questa “manipolazione” non è così evidente nel calcio ma la ricostruzione televisiva della partita non è meno decisiva per lo spettacolo. Vediamo dunque come cambia la partita televisiva rispetto a quella reale. Alla fine, il palcoscenico è solo uno spazio attrezzato ma la sua “grandezza” dipende dallo spettacolo!
Quelle due camere in tribuna centrale,” una vicina all’altra, una di riserva all’altra”, sono solo la prima condizione della partita televisiva. Negli anni si sono definiti gli angoli di ripresa e le posizioni ottimali per ogni azione di gioco. Se lo spettatore pagante vede la partita da un solo punto di osservazione, che coincide con il posto che gli è stato assegnato, al telespettatore viene offerto il miglior punto di vista per ogni situazione. Se lo spettatore pagante vede la partita con l’unico campo visivo che gli è offerto dai propri occhi, il telespettatore la vede scomposta in totali, campi stretti, primi piani e particolari. In diretta e in replay.
E’ per questo che, pur restando ancorato il linguaggio della partita al suo binomio linguistico iniziale di totale e campo stretto, le telecamere si moltiplicano. Le prime due fondamentali posizioni in tribuna centrale si arricchiscono di una terza camera per i primissimi piani. Si replica quindi con due camere ai 16 metri per i fuori gioco, due sulla goal line per stabilire se la palla è entrata o no in porta, due alte in curva per vedere il tiro sull’asse longitudinale, quelle sulla tribuna opposta per vedere l’azione in reverse angle, quella aerea (sky o fly o spider cam) mossa da cavi ancorati alle strutture dell’impianto. Quindi, scendendo sul terreno di gioco, si moltiplicano le camere fisse e in movimento: la camera bassa su piattina per il gioco a centro campo, due all’altezza dei 20 metri, due ai 6 metri dalla goal line, due steadycam agli angoli, due a lato della porta, due dietro la porta, due microcamere “dentro” la porta, quelle in opposite side, le radiocamere a spalla tra le panchine e nei sottopassaggi. Altre telecamere sono posizionate fuori dallo stadio e lo immergono nella città.
Questa moltiplicazione dei punti di vista consente la ripresa in diretta della partita e la migliore scelta per le registrazioni. Il dispositivo di ripresa è in grado di esaltare l’azione collettiva con il totale, il gioco individuale con il campo stretto, la reazione emotiva con il primissimo piano, fino a mostrare il labiale e le gocce di sudore. L’impianto di registrazione (replay, rallenty, super slow motion; clip e high lights) offre una seconda lettura del gioco, del tutto ignota allo spettatore in tribuna. Qui si chiarisce l’azione e se ne danno i dettagli, portando nelle case dei telespettatori il coinvolgimento e le espressioni dei giocatori. Ciò che è invisibile o poco chiaro allo spettatore in tribuna, viene mostrato in ripresa diretta e specificato in registrazione. Gli effetti sonori e le voci dei telecronisti e dei commentatori accompagnano la partita e, quando questa cambia, cambia anche la telecronaca. Il sobrio cronista che integrava le scarse informazioni della televisione in bianco e nero ora fa parte dello spettacolo, racconta la partita con un nuovo linguaggio e accompagna le emozioni, fino alla dichiarata telecronaca di parte.
Così lo spettacolo “teatrale” è diventato uno spettacolo completamente diverso e, da quel palcoscenico, viene diffuso in tutti i villaggi del villaggio globale.

Giancarlo TOMASSETTI
info@sportregiatv.it