L'evoluzione tecnologica
delle riprese sportive

COMPLETO


L’evoluzione delle tecnologie di ripresa deve molto allo sport: questa è cosa nota. Ma sono un regista e vorrei introdurre un punto di vista diverso circa la ragione del felice connubio tra sport e televisione e quindi tra sport ed evoluzione delle tecnologie di ripresa.  Non si tratta solo della risonanza mondiale dell’evento sportivo (anche il Papa o lo tsunami hanno la stessa rilevanza) e dell’occasione che lo sport costituisce ogni giorno e in ogni parte del mondo per le multinazionali produttrici di apparecchi e di tecnologia televisiva. C’è anche  una ragione propriamente “registica” del rapporto tra sport e tecnologie televisive: la varietà, la complessità, la velocità della performance sportiva, non ha equivalenti in nessun'altro tipo di manifestazione d’attualità.

Le riprese televisive si occupano di “quanto visivamente accade”, ovvero – per dirla con paroloni - della “fenomenologia spazio-temporale dell’evento” (e non della sua ontologia, che spetta giustamente alla parola, al commento verbale). Se così è, certamente non si può comparare la performance spazio-temporale di un Gran Premio di F1 con la benedizione del Papa in piazza San Pietro; o una partita di calcio ad un congresso di partito; o un meeting di atletica ad una mostra d’arte.

E’ per questo che lo sport è  una sfida per lo sviluppo della televisione. Oggi le riprese (regia e tecnologia) devono raccontare quanto lo spettatore reale non riesce a  vedere (ogni fase di una discesa libera di sci) e spiegare quanto non si è percepito (se il piede è entrato sulla palla o sulla caviglia dell’avversario). La ripresa deve mettere ordine nelle performances che si svolgono contemporaneamente in uno stesso luogo (l’ atletica, che è disciplina multipla) e nelle situazioni che si presentano nello stesso tempo ma in luoghi visivamente distanti (un fuori pista e un sorpasso in una gara di F1). La regia dello sport deve essere in grado di fare fronte ad avvenimenti programmati (la ginnastica) e avvenimenti basati sull’improvvisazione (la partita di calcio). Alla fine, la sfida del regista sportivo è quella di fare racconto dell'invisibile e del simultaneo, del programmato e dell'estemporaneo, facendo chiarezza dei fatti. Quale migliore banco di prova per le tecnologie televisive? Cosa c'è di più vario e complesso della evoluzione spazio-temporale della performance sportiva?


Le riprese da terra

La televisione nasce nella prima metà del XX secolo e si sviluppa nella sua seconda metà. L’incontro tra televisione e sport è immediato ed è affascinante seguire l’evoluzione delle riprese e la nascita del linguaggio così come si è sviluppato nell’ambito dello sport. Lo spettacolo più popolare è quello che si svolge allo stadio e il calcio, per antonomasia, ha dato e ricevuto molto dalla televisione: la BBC fa risalire la prima diretta di calcio ed il felice matrimonio tra calcio e tv ad un Arsenal-Everton del 1936. La partita televisiva nasce con due camere posizionate in tribuna centrale, una accanto all’altra e  una di riserva all’altra (le telecamere non erano molto affidabili!). E poiché la torretta portava 3 o 4 obiettivi, fu del tutto normale che un tecnico lavorasse con un’ottica larga ed uno con un campo stretto. Il fatto è che totale e campo stretto sono, nel calcio, gioco collettivo e azione individuale, informazione ed emozione per il telespettatore, denotazione e connotazione per il semiologo: con due sole telecamere il gioco del calcio è stato còlto nelle sue componenti sostanziali.

Lo sviluppo delle tecnologie fu di fondamentale importanza negli Anni 60.

Il campionato del mondo giocato in Svizzera nel 1954 è il primo trasmesso in eurovisione ma la mancanza del satellite geostazionario (che è del 1964) impedisce la diretta di quello cileno del 1962. Già agli inizi di quegli anni, gli obiettivi fissi vennero sostituiti dallo zoom; a metà apparve il colore, dopo una lunga sperimentazione e si diffuse in Italia dieci anni dopo; alla fine del decennio arrivano il ralenti e la camera a spalla. La partita Germania-Brasile del 1963 offre le prime sovrimpressioni grafiche e già nel ’70 questa informazione si propone in termini anche esteticamente accettabili. Negli anni si è capito che l’esuberanza informatica e statistica risulta estranea alla natura del calcio. Ma la grafica  sarà funzionale nel basket e – almeno per gli allenatori – nel volley. Ma provate a pensate ad una America’s Cup di oggi senza il supporto grafico!

E’ la finale tra Inghilterra e Germania del Campionato del mondo 1966 il risultato compiuto della copertura televisiva del calcio dell’epoca. Non solo per un numero di telecamere che non si era mai visto (ben 9 sulla partita e 2 sulle panchine che, nel vecchio Wembley, erano sul fronte opposto a quello di ripresa), ma anche per una camera panoramica (beauty shot), per il primo uso di una camera a spalla (hand camera), per i primi replay.

Siamo alla fine degli Anni 60. Mentre la pubblicità entra negli stadi e la televisione interferisce sull’ora del calcio d’inizio della partita, si sviluppa una nuova sensibilità per gli effetti sonori e già il ralenti viene utilizzato – come oggi - per analizzare l’azione. Il replay, la ripetizione dell’azione e la sua variante rallentata, il ralenti, fanno capo ad una tecnologia prodotta dall’Ampex già nel 1956; in un decennio la società americana ha già invaso il mercato.

Non abbiamo ancora parlato di microfoni ma la televisione è evidentemente audiovisiva: la ripresa sonora (come il colore) accentua il realismo delle immagini e trasporta il telespettatore nel centro dell’azione. Bisogna riconoscere che la richiesta di una diversa della qualità dell’audio viene, storicamente, dagli stessi telespettatori. Quando arriva l’apparecchio televisivo, molti di essi, in casa propria, ascoltano dischi che portano la dicitura” mono-compatibile”, oppure possiedono già un impianto stereofonico. Qualche anno dopo scopriremo  il coinvolgente effetto surround, distribuito nelle cinque casse del moderno impianto home theater. Oggi è addirittura possibile, con il sistema 5.1 (cinque punto uno), spostare la direzione di provenienza delle singole fonti, per esempio posizionando la telecronaca al centro e avvolgendola degli effetti della partita in campo e di quelli dello stadio. E’ per questo che il Production Plan di ogni manifestazione sportiva posiziona i microfoni con la stessa cura con cui indica numero, posizione e tipologia delle telecamere.


Le riprese in movimento

Giro d’Italia 1998. Cipollini vince a Lecce in volata e con lui taglia il traguardo, per la prima volta in una corsa su strada, una microcamera montata sulla sua bicicletta. Elicotteri da ripresa, elicotteri ponte, aereo, moto da ripresa, moto cronaca e anche microcamere: il ciclismo è sport televisivo per antonomasia. La percezione diretta e personale della corsa è un ricordo di chi è stato bambino nel dopoguerra, rinnovato oggi dalle folle plaudenti dei tapponi alpini: una lunga attesa sul ciglio della strada, una festosa carovana pubblicitaria, la staffetta della polizia, l’auto del direttore di corsa e poi tanti girini tutti insieme, una folata di vento seguita dalla fila delle ammiraglie. Ed era tutto finito! Chi avrà vinto; per fuga, in volata, per distacco; con quali alleanze, quali strategie, non è dato sapere. Di che cosa si parla allora fino a quando una moto con telecamera non entra in corsa e  non si alza il primo elicottero per raccoglierne il segnale? Del sentito dire, del riferito, del raccontato dai “testimoni”: ma lo spettacolo della gara ciclistica, così come lo concepiamo ora, non era ancora nato. Oggi il ciclismo di cui si scrive e di cui la gente parla è quello visto in televisione; il suo fascino deriva anche dal fatto che per le riprese vengono utilizzate tecnologie fra le più moderne e sofisticate. Quando nascono?

Le radiocamere, le camere cordless, vengono sperimentate in Italia dal Laboratorio Ricerche della RAI di Torino – all’avanguardia in Europa - e trovarono una loro applicazione a bordo di un’auto, di una moto o di un elicottero alla fine degli Anni 70. L’operatore in volo lavorava con la telecamera in spalla, seduto sul pianale dell’elicottero e con i piedi appoggiati ai pattini. Qualche anno dopo venne aiutato dall’elivision, una sorta di forcella sulla quale si appoggiava la telecamera. Derivata da tecnologie militari, alla fine del decennio comparve la Wescam, una palla ancorata a lato dell’aeromobile, visibile ancora oggi a coloro che alzano la testa al passaggio dell’elicottero della RAI, che ospita e mantiene stabile la telecamera. Il segnale veniva trasmesso dall’elicottero ad un punto di ricezione a terra e da qui al pullman di regia al traguardo. Condizione essenziale era che questi punti fossero sempre a vista tra loro. In questo modo, all’inizio si riusciva a coprire in diretta dieci o quindici minuti di corsa, poi una mezzora. Nel tempo, i punti di ricezione a terra si sono moltiplicati e sono migliorati i sistemi di puntamento dei segnali. Lo stesso sistema di ripresa, che in origine prevedeva un solo elicottero che contemporaneamente fungeva da ponte e ospitava una telecamera a bordo, si è perfezionato in un elicottero solo ponte, che ha il compito di raccogliere i segnali dell’elicottero da ripresa e quelli delle moto a terra. Poi appare un  secondo elicottero-ponte per le sole moto a terra; quindi un eventuale secondo elicottero da ripresa, fino – in caso di scarsa visibilità – ad un aereo che raccoglie e ritrasmette i segnali da una quota superiore a quella degli elicotteri. Un’intera flotta aerea che consente di seguire la corsa dall’interno del gruppo con le moto, o in soggettiva dell’atleta con le microcamere sulle biciclette, o in colloquio con i  direttori sportivi delle ammiraglie con la moto cronaca; guardando dall’alto fuggitivi, inseguitori, gruppo maglia rosa, ritardatari, mostrando strategie e regalando le emozioni di uno sport immerso nel paesaggio e coniugato alla storia. Il termine spettacolo viene da “spectare”, vedere. Il senso complessivo di queste ricerche è nel superamento delle frontiere fisiche che impediscono lo “spectare”, nell’acquisizione di spazi nuovi per il giornalismo televisivo e la cultura.


Microcamere e nuovi supporti camera

Due fatti concomitanti favoriscono la duttilità dei sistemi di ripresa ereditati dagli Anni 90: l’abbandono delle camere su cavalletto per la progressiva miniaturizzazione delle telecamere e l’evoluzione dei supporti camera, i dispositivi che servono ad ospitarla e muoverla. La tecnologia dei supporti offre infinite possibilita’, estetiche e funzionali. Ogni telecamera a comando remotato, montata su una testata, offre inquadrature da posizione inusuali, che non sarebbero consentite se il cameraman dovesse essere sul posto. Nasce una nuova produzione di immagini, affatto sconosciuta negli Anni 80, e la rivoluzione del linguaggio è evidente. Scompaiono, con  il classico treppiede, le telecamere che hanno configurato i razionali spazi euclidei degli studi. Al loro posto irrompono le hand camera (come quelle che si usano in famiglia per il film di Natale), la microcamera e una serie di supporti sempre più specialistici.

L’inquadratura di una telecamera posizionata su un braccio (crane), con cui alzarsi dal livello del giocatore della pallavolo in battuta (o del portiere che rilancia) per scoprire il campo di gara, non e’ solo esteticamente gradevole: e’ anche funzionale a descrivere la fase di gioco, coniuga il gesto e lo spazio in un movimento in piano sequenza. Allo stesso modo, un braccio che si alza e accompagna l’atleta del salto in alto o raggiunge i sei metri del salto con l’asta, è  funzionale alla visualizzazione del movimento dell’atleta oltre a dare l’emozione di saltare con lui. Un braccio e’ funzionale, non solo se specifica meglio il gesto atletico, ma anche se risolve un problema di visibilita’. Spesso, in montagna, la telecamera puo’ affacciarsi da un dosso o dietro una curva solo se posizionata su un braccio che, muovendosi, scopre una parte di pista della discesa libera.

Ma le telecamere leggere possono volare su un sistema di cavi. La sky-cam o fly-cam o spider-cam, che viaggia su cavi di kevlar,  puo’ accompagnare gli atleti dello sci nordico sulle pista tra i boschi, così come quelli di una pista di cross,  superando dislivelli, variazioni di percorso e ostacoli naturali. Può anche attraversare lo stadio da curva a curva, seguendo la partita o appoggiando corse e concorsi in atletica. Il processo delle camere in movimento e’ inarrestabile anche a terra: la steadicam si muove senza sobbalzi intorno agli atleti, la rail camera corre con loro sulla corsia dei 100  metri, la polecam sostiene un micro-camera su una sorta di canna da pesca e si muove con libertà tra le panchine e le fila del pubblico. Le microcamere invadono gli spazi e gli attrezzi dello sport: viaggiano a bordo delle canoe o degli armo del canottaggio,  scrutano lo scavalcamento delle assicelle dei saltatori, misurano la battuta nel salto in lungo. Le telecamere possono stare ferme, ma possono anche viaggiare accanto ai piloti, a grande velocità, a bordo delle monoposto di Formula 1, sulle moto della Superbike o negli abitacoli degli Aermacchi delle Frecce tricolori. In terra, in aria, ma anche in acqua: le telecamere si muovono e volano ma possono anche immergersi. La telecamera blimpata e impermeabile all’acqua è di antica tradizione. Ma il primo binario subacqueo fu appoggiato sul fondo della piscina Piccornell di Barcellona, per le Olimpiadi del 1992. I loro inventori, padre e figlio, muovevano la telecamera sul binario in maniera artigianale, tirando il cavo pedalando, con un sistema costruito effettivamente con i pedali e la catena di una bicicletta. Solo quattro anni dopo, alle olimpiadi di Atlanta, gli americani mostrarono la telecamera a caduta per seguire i tuffi dalla piattaforma.

Telecamere sopra o sotto l’acqua, ma anche half-half, che entrano ed escono dall’acqua: basta montare una microcamera subacquea ad una polecam per entrare ed uscire con l’atleta dalla vasca; far vedere come si compongono sotto l’acqua quelle perfette figure del nuoto sincronizzato che poi ammiriamo sopra il livello dell’acqua; come sia stato placcato, sott’acqua, il centro boa della pallanuoto  di cui abbiamo visto il movimento scomposto sopra l’acqua o quale stile e sforzo abbia prodotto, sotto il pelo dell’acqua, il nuotatore di cui abbiamo ammirato la vittoria dalla tribuna. Senza la miniaturizzazione delle telecamere e l’invenzione dei supporti  non sarebbero state possibili le microcamere sulle auto, sulle moto, sugli sci, sulle biciclette, sulle canoe, sui caschi ecc.; ne’ le telecamere ipogee, per avere la sensazione di guardare la corsa facendosi passare sopra dalle ruote delle moto o delle auto e – all’opposto – di quelle verticali, con cui controllare, dal punto di vista del lampadario, le perfette geometrie delle palle sul panno verde del tavolo da biliardo. In questo, la tecnologia di ripresa ha interpretato alcune delle caratteristiche piu’ evidenti della televisione moderna: l’abbandono della staticità a favore del movimento e il punto di vista inusuale o nascosto (il back stage). Lo spettacolo, la musica, il talk show e addirittura gli studi delle news offrono sempre piu’ immagini in movimento, o immagini “rubate” o cosiddette“sporche”, al punto da far apparire le classiche telecamere fisse su cavalletto un residuato della prima televisione, quella della nostra infanzia.


Il digitale

Ci avviciniamo alla fine del secolo e la rivoluzione è quella del digitale. Con il digitale, un segnale che varia nel tempo viene sostituito da una sequenza di numeri composti in algoritmi, riproducibili  senza errori e senza perdite, con i quali è più semplice costruire, riprodurre e trasmettere il segnale. Anche le modalità di ripresa e il linguaggio dello sport ne sono investiti: le tecnologie digitali e le ottiche più sensibili ci consegnano immagini meglio definite, una capacità di produrre inquadrature qualitativamente diverse dalle precedenti, al punto che la semiologia dello sport va totalmente ripensata. Con il formato in 16:9 il quadro televisivo interpreta meglio la realtà che è consentita all’occhio umano; con il miglioramento delle ottiche, i primi ed i primissimi piani, le emozioni dell’atleta irrompono in scena come mai era successo in precedenza. Le riprese diffuse in alta definizione sono oggi il nuovo limite tecnico al quale si affacciano platee sempre più ampie di telespettatori. Nello stesso tempo, la più bella immagine che la storia della televisione abbia mai conosciuto, capace di concorrere alla pari con quella cinematografica, si frantuma e si degrada nei cellulari e nei PC, via streaming.

Ma se la tipologia e la qualità delle telecamere e delle ottiche ha consentito di migliorare la produzione, la definizione e la stabilità delle immagini, sotto l’ombrello digitale è  l’hard disk che rivoluziona il sistema dei replay e rompe la barriera tra diretta e registrazione. Detto in termini semplici, il passaggio dalla registrazione su nastro a quella su disco, con la possibilità di questo di continuare a registrare mentre sta trasmettendo (back up), con la facilità di archiviare, selezionare e reperire immagini all’istante (instant replay), con la possibilità di gestire tutte le fonti tramite un server apre nuove opportunità nella costruzione del racconto. Nasce una doppia lettura dell’avvenimento; quello live, di superficie, e quello di approfondimento, di dettaglio. Il materiale non manca: con la possibilità di registrazione di tutte le camere, nulla dell’azione va più perduto. Vengono messe in campo una serie di camere destinate ai dettagli (camere dedicate) che non sono stati visti durante l’azione sportiva ma che possono essere rielaborati e riproposti. In nessun modo sarebbe possibile, in tempo reale, mettere in fila tutte le azioni che riguardano un giocatore protagonista per ricordare il suo palmares prima della sua prova in campo o per riassumere la sua performance prima che esca dal campo. La pausa nella partita (calcio, basket, pallavolo) può essere riempita dalle espressioni registrate dei giocatori durante le azioni precedenti.  Ad ogni replay dell’azione segue il replay della reazione emotiva. Tutto questo è consentito dalla tecnologia dell’hard disk e dalle capacità dei server di elaborare le immagini. Queste innovazioni tecnologiche e linguistiche sono in grado di modificare nella sostanza il racconto televisivo dello sport. La realtà in campo, una volta strettamente legata ai tempi della diretta e difficilmente recuperabile, può oggi essere interpolata e così facilmente riproposta, al punto che non sai se una reazione è colta in diretta e quindi legata a quanto è appena successo oppure se è stata estrapolata da un diverso contesto e ricollocata. Addio vecchio replay!  La classica “riproposizione dell’azione da un punto di vista diverso” oggi si chiama “clip”; l’azione sportiva va preceduta da un “coming in” ed è il “coming out” a chiuderla; non si parla più di ripetizione dell’azione ma di high ligths e spesso è la rielaborazione degli high lights a fare l’evento. Rivoluzionando il rapporto registrazione-diretta, l’hard disk mette in crisi quello tra verità e ricostruzione, tra cronaca e fiction. Il confine è sempre più labile. Dalla televisione referente, finestra aperta su un mondo da interpretare, si passa ad una televisione essa stessa unica interprete del mondo. Dov’è allora la realtà dell’evento, dove la sua finzione?

Giancarlo TOMASSETTI

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