Organizzazione della regia
La monitoria della partita


Nel 1986 ebbi la fortuna di fare un viaggio di studio nell’allora Unione Sovietica, in occasione dei Goodwill Games. Erano i primi tempi della rivoluzione di Gorbaciov. Le condizioni della televisione erano disastrose; pullman obsoleti e personale sfiduciato. (Per realizzare una Maratona erano state impegnate più di 20 telecamere e non riuscivo a capire la ragione di questa abbondanza. Molto semplicemente non possedevano strumenti di ripresa in movimento e realizzavano la copertura dei 42 km solo con camere a terra!)
Però, contro la miseria evidente, incontrai un retroterra culturale molto ricco. Ebbi la fortuna di parlare con il capo redattore dello sport e ne ebbi una forte impressione. Per esempio, relativamente alla disposizione dei monitor in regia.
Erano stati fatti, in Unione Sovietica, delle ricerche sulla capacità di un osservatore di seguire e capire quanto succedeva in un fila di monitor. Il risultato era il seguente: normalmente non si riescono a seguire più di quattro monitor e questi debbono essere posizionati non in fila bensì all’interno di un quadrato. Qualcuno riesce anche a seguirne cinque, mi disse il mio interlocutore, ma posizionati tre sopra e due sotto.

L’approccio “scientifico” mi sorprese e lo collegai alle mie personali osservazioni.
La ripresa televisiva e la stessa organizzazione del lavoro di ripresa  (o, almeno, una modalità di ripresa televisiva) nasce in teatro, posizionando la camera centrale sul palco reale a guardare l’intera scena e due camere una a destra e una a sinistra. La prima garantisce l’evento con il totale e le seconde i dettagli con i campi stretti. (Rispettando, tra l’altro, il gioco degli sguardi, il fronte di ripresa di origine cinematografica).
Non a caso, nell’organizzazione di lavoro, la RAI aveva costituito una terna di operatori per ogni pullman di ripresa, distinguendo il primo operatore - che faceva il totale – dagli altri due che facevano il campi stretti. Non a caso, nella partita di calcio, si chiedeva: “Chi fa la partita?”, intendendo chi si metteva sulla camera centrale. Mi raccontava addirittura un anziano capotecnico che lo schema delle tre camere teatrali era così “normale” che, un giorno, per realizzare una corsa di cavalli all’ippodromo, il regista gli chiese una camera centrale in tribuna, una a sinistra in curva e una a destra dopo la linea del traguardo. Quello che mancava era, nientemeno, che la camera sulla linea di arrivo!

Già con le tre camere si può parlare di “monitoria”, intendendo con il termine la “posizione dei monitor” in regia. E già si aprono – con tre camere – due ipotesi: la posizione “per importanza” (il totale è la numero 1 e le altre sono 2 e 3) o la posizione “geografica”, per cui la 1 è la camera a sinistra, la 2 la centrale e la 3 quella a destra.
Noi sappiamo bene che queste due alternative riguardano entrambe il sistema di ripresa sull’asse centrale (quella di radice teatrale) e che il tutto cambia per i sistemi sequenziali (dalla discesa libera alle corse in circuito) e per quelli ad estrapolazione (dall’atletica al ciclismo a cronometro). Per questi due altri sistemi, la posizione monitoria è, rispettivamente, sequenziale (1 al cancelletto di partenza, a seguire 2, 3, 4, n. fino all’arrivo) e a gruppi (un gruppo per le corse, uno per il salto in lungo, uno per il peso e così via).
Ma occupiamoci del sistema sull’asse centrale e, in particolare, della partita di calcio.
Per i Mondiali di Italia ’90, noi scegliemmo senza dubbio il sistema “geografico” per molti motivi: perché rappresentava la collocazione delle telecamere nello stadio; perché era più facile individuarle e perché regista e mixer erano impegnati sostanzialmente a controllare quella metà del campo (e metà delle camere) in cui si giocava la palla.
Certamente questa sistemazione non favoriva completamente il mixer, il quale aveva le camere centrali sui bottoni 3-4-5 e, in caso di emergenza doveva staccare sul totale che non era il bottone 1 all’inizio del banco ma un bottone interno alla fila. Ma, tra vantaggi e svantaggi, non avemmo dubbi che il sistema geografico fosse il migliore.
Non la pensavano così i colleghi di Mediaset e molti colleghi stranieri i quali hanno preferito per molto tempo i sistema per cui la 1 era il totale, 2 e 3 i dettagli (sull’asse o anche a destra e sinistra), 4 e 5 le camere ai 16 metri destra e sinistra, 7 e 8 quelle dietro le porte destra e sinistra e così via, con poche variazioni di schema.
Peraltro, una delle ragioni della eccessiva frammentazione della ripresa era dovuto anche a questa impostazione. Con quella “geografica” il regista, tendenzialmente, segue la partita sul totale e – solo quando il totale glielo chiede – passa ai dettagli. Con il sistema che chiameremo “lineare” normalmente si passa al totale solo quando la palla non è più nel campo stretto, con un evidente eccesso di particolari (che potrebbe essere voluta, nell’ipotesi di una partita “spettacolarizzata”).

Quale è oggi la situazione? Ve ne offro due nuove, sperimentate e osservate anche nelle regie di mezza Europa, durante la realizzazione delle partite di Champions.

La prima, moderatamente avanzata, vede quattro camere nel quadrato centrale: il totale, il campo stretto e, sotto, la piattina destra e quella sinistra; oppure, sopra, il totale e il campo stretto e, sotto, il dettaglio alto e la piattina centrale).
E’ “moderatamente avanzata” rispetto alla denominazione numerica: di solito si parte da sinistra con la 1 (che potrebbe essere una 16m o un retro porta o un 6m o una goal line) e si denomina 3 o 4 il totale e addirittura 10 o 11 per i dettagli della seconda fila del quadrato. Un rompicapo per il povero mixer!

La seconda, avanzata, risolve questo dilemma. Resta invariata la posizione dei monitor, con totale, campo stretto, dettaglio e dettaglio, nel quadrato su due linee, ma… si chiamano ugualmente 1, 2, 3 e 4, consentendo al mixer di averle nei primi quattro bottoni. E le altre camere? Non è difficile (mi dicono i mixer) denominarle 5, 7, 9 a sinistra e 6, 8, 10 a destra e così via, rispettando la posizione geografica.

Questo è quanto al momento ma, attenzione, non è l’unico modo di sistemare i monitor: ogni regista ne ha uno proprio e merita altrettanta e attenta considerazione.

Giancarlo TOMASSETTI

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