Quali fattori rendono omogenee le riprese delle partite di calcio?

COMPLETO

L’omogeneità delle riprese dovrebbe essere un fattore imprescindibile, per esempio, nel caso delle partite di un Campionato del mondo o comunque quando un “pacchetto partite” viene messo sul mercato. Come si potrebbero vendere e pagare in modo uguale prodotti televisivi diversi?

Cominciamo col dire un paio di cose ovvie.
Per nostra fortuna, le partite sono una diversa dall’altra e non sarà una buona o cattiva ripresa televisiva a rendere migliore o peggiore la partita. (Ma la sua visione si!). Ci sono molti fattori che condizionano le riprese televisive e non tutti incidono allo stesso modo a farle diverse. Vediamo.

Gli impianti sportivi, gli stadi, sono uno diverso dall’altro e non tutti favoriscono le migliori riprese. Non è chi non veda la differenza tra una partita che si gioca in uno stadio inglese, dove telecamere e spettatori sono quasi a contatto con i giocatori e quella giocata all’Olimpico di Roma, al San Nicola di Bari o all’ex Delle Alpi di Torino…Inoltre, l’impianto sportivo condiziona la posizione delle telecamere, la loro angolazione rispetto al terreno di gioco, la loro distanza dal campo. Alcuni stadi consentono posizioni e inquadrature che non sono concesse in altri. Alcune posizioni di telecamere “necessarie” alla ripresa sono sporcate da reti di protezione, pali e quant’altro. Spesso addirittura succede che il rettangolo di gioco non sia completamente visibile. Una cartellonistica disordinata trasmette senso di disordine. E così via.

Lo stadio però è un fattore spesso immodificabile, sul quale pesa il ritardo storico con cui – in tempo di televisione – si progettano gli impianti sportivi. La cartellonistica risponde a criteri da Far West, ovvero a nessun criterio. Esperiti tutti i tentativi di correzione, ci sembra più utile vedere quali sono invece quelle componenti della ripresa televisiva sulle quali è possibile intervenire.

Innanzitutto la copertura televisiva, con il numero delle telecamere, le loro ottiche, i loro supporti e la possibilità di averle in registrazione. E’ del tutto ovvio che il numero delle telecamere e le loro ottiche condizionano il numero utile e la correttezza delle inquadrature. Una copertura ricca consente di presidiare meglio alcune aree sensibili del campo (le goal line e, generalmente, le zone distanti dal fronte di ripresa) e di riproporre in replay la stessa azione da più punti di vista. Altrettanto chiaro dovrebbe essere che i “supporti camera”, ovvero la presenza di hand camera, steady cam, binari, crane, sky cam, regalano immagini che non sono consentite alle normali camere su cavalletto. Tutti questi elementi sono determinanti nella omogeneità delle partite?

Dovrei dare per scontato che le squadre tecniche, ovvero il complesso “consolidato” di operatori, replaysti, mixer e tecnici che fanno un’equipe invece che un aggregato momentaneo di professionisti, siano tutte abituate a fare calcio e lo facciano abitualmente. Di solito è così. Qualche volta però il regista-allenatore si trova a lavorare con cameramen-giocatori che non conosce o che
hanno profili professionali diversi di quelli di cui avrebbe bisogno. Allora, poiché non si dà allenatore senza squadra o direttore d’orchestra senza orchestra, bisognerà almeno lavorare con l’obiettivo di ridurre al minimo le differenze di professionalità e continuità. Poi si daranno le giuste responsabilità al regista.

Ecco il punto! Quanto dipende dai registi, ovvero dal loro “modo di ripresa” delle partite, l’omogeneità del prodotto? E quanto a questa omogeneità concorrono gli altri elementi a cui abbiamo accennato? Il discorso si fa un po’ più lungo e complesso.

Fatta salva l’inevitabile interpretazione del regista, la sua valutazione della fase di gioco (e bisognerebbe parlarne), bisognerà almeno intendersi su una linea “etica” e una “editoriale”.

Circa la prima, salvaguardando il dovere d’informazione, basterà fare riferimento alle disposizioni che sovrintendono al segnale internazionale dei Mondiali o Europei di calcio o Champions League. Escludere gli striscioni offensivi, i fumogeni in campo e i comportamenti scorretti in tribuna, mi sembrerebbe il minimo. Non riproporre il labiale della bestemmia è obbligatorio.

Circa la scelta editoriale, bisognerà riferirsi all’ente produttore della partita. Si chiede al regista di produrre una cronaca televisiva o di darne una sua interpretazione spettacolarizzata?
Seguendo l’una o l’altra linea, si dovrà concordare:

- il rapporto “diretta-replay” (o anche “azione ininfluente-replay”). Per essere chiari: dopo il gol, manderemo in onda protagonisti e replay rispettando la diretta della ripartenza del gioco con la palla al centro o si indulgerà in sette replay con l’azione che è già ripartita da mezzo minuto? Daremo quattro replay del fallo o, chiarite le sue modalità, torneremo in diretta a capire cosa succede in campo? Mostreremo”all’inglese” il guardalinee che segnala un poco significativo fuori gioco o ci sarà obbligo di farlo vedere in ogni caso e con le più sofisticate tecnologie grafiche?

- dovremo concordare il rapporto totale-campo stretto (partita-protagonista) Per essere chiari: sarà opportuno, dopo ogni azione, dare il protagonista (spesso di nuca) e tenerlo magari fino a quando non riparte l’azione oppure consumeremo il cosiddetto “tempo morto” (che spesso è quello più vivo nel calcio) sul totale di gioco per vedere la partita? Privilegeremo il gioco o il protagonista?

Inoltre:

- privilegeremo la centralità della visione della partita sulla camera e il fronte di ripresa principale, o indulgeremo con salti di campo tra camere di fronte opposto (come comincia a succedere in Italia) sconvolgendo il senso dello spazio e il corretto movimento del giocatore?

- daremo ragione alla fluidità del gioco non interrotto o alla frenesia dei primi piani e dei replay, se non addirittura all’interruzione dell’azione con primi piani estranei al gioco? Metteremo il gioco in secondo piano per privilegiare il coinvolgimento del giocatore?

Cosa hanno a che vedere queste diversissime riprese della partita con le differenze di impianto sportivo, ricchezza della copertura, qualità della squadra, a cui abbiamo accennato prima?

Poco, a dire il vero. Uno stadio diverso può produrre inquadrature diverse ma non una scrittura diversa: quella è del regista. Non fa alcuna differenza se un primo piano è preso da camera bassa o alta o laterale. L’importante è l’uso dei primi piani nella partita: vedere se interrompono o no l’azione; se occupano o no tutti i cosiddetti “tempi morti”; se lasciano o no vedere cosa succede in campo.
Una copertura più un meno ricca rende più o meno ricca la ripresa, quindi incide sulla possibilità di esporre bene i fatti della partita, ma non modifica la modalità di ripresa. Il regista potrebbe avere difficoltà ad ottenere inquadrature corrette e replay efficaci, ma sarà pure possibile distinguere tra la direzione dell’orchestra e la stecca del primo violino o l’eventuale cattiva qualità degli orchestrali.

La vera differenza, la differenza sostanziale, sta dunque nella scrittura del regista.

PS. Avendo fatto per anni il coordinatore di regia e, in particolare, essendo stato il responsabile della regia dei Mondiali di calcio di Italia 90, non mi sarebbe difficile dire “come” e con quali procedimenti si rendono omogenee le partite, per la parte in cui questo è possibile. Ma l’ho già fatto. Gli interessati troveranno una risposta articolata nel resoconto che ho pubblicato in EBU Review, nel 1990, riportato nella sezione Calcio, dove si racconta l’iter produttivo e formativo che ci ha portato al Mondiale.
Esemplificando, basterà ricordare che il calcio si produce sostanzialmente per algoritmi e che un comune camera-discipline risolverebbe molti (ma non tutti) i problemi di “scrittura della partita”.

 

Giancarlo TOMASSETTI

info@sportregiatv.it