IL MONDIALE CHE VEDREMO

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“Quante telecamere servono per fare una partita di calcio?” E’ la domanda più frequente che un regista del Mondiale si sente rivolgere e alla quale ho sempre un certo imbarazzo a rispondere. Di getto mi viene di dire  che bastano due camere. Cioè... basterebbero. Sull’incertezza della risposta, arriva puntuale la replica: “Allora cosa ci fate con undici, dodici, fino a diciassette, diciotto telecamere?  Servono solo a confondere!”

Spero proprio di no. Le telecamere servono invece a chiarire le azioni di gioco,  ad offrire dettagli, ad individuare protagonisti, a dare i replay dalle posizioni più favorevoli. Potrei ricordare che già nel 1966, a Wembley, per la finale tra Inghilterra e Germania, la BBC mise in campo undici telecamere, tra cui una nuovissima hand-camera con cui un operatore poteva spostarsi per tutto il campo. Come meravigliarsi che, vent’anni dopo, l’impianto di base per il Campionato del mondo del Messico prevedesse  dieci telecamere? Ogni Mondiale è stata l’occasione per migliorare lo standard di ripresa ed offrire un servizio televisivo più ricco. Il matrimonio tra calcio e televisione, che si è consumato agli inizi degli anni ’50, è tuttora vantaggioso per entrambi i contraenti. Il calcio ha trovato nella televisione il suo più formidabile strumento di diffusione. La TV ha approfittato del calcio per affermare la sua insostituibile presenza nella nostra vita quotidiana.

Come effetto non secondario, i Mondiali di calcio sono stati uno stimolo alla ricerca del linguaggio e all’uso di nuove tecniche di ripresa.

Il Campionato del mondo giocato in Svizzera nel 1954 fu il primo ad essere trasmesso in diretta. Le telecamere erano pesanti come armadi e avevano ottiche fisse. Ma le due camere posizionate in tribuna centrale, una accanto all’altra e una di riserva all’altra, avevano interpretato il calcio in modo semplice e comprensibile a tutti. Otto anni dopo il Mondiale aveva varcato l’oceano e, nel Cile privo di collegamenti via satellite, 1e partite venivano filmate con due cineprese. Durante la notte, le “pizze”del film venivano portate in aereo a Zurigo per essere trasmesse in Eurovisione il giorno dopo.

Lo zoom era in uso dal 1960 ed aveva liberato la ripresa dalla durezza delle ottiche fisse; il satellite è del 1964 e consente le prime trasmissioni intercontinentali; dal ‘65 al ‘68 si sviluppa il colore e alla fine del decennio è pronto lo slow-motion. Si ricordano le prime titolazioni della partita fin dal ‘63 e nel ‘70 si parla già di grafica come design. Non c’è ancora il telebeam, manca la stereofonia e l’alta definizione, ma le riprese della partita sono già state impostate.

La partita, dicono gli inglesi, si vede “dal palco reale”.

Si tratta delle due camere in tribuna, le camere principali, quelle con cui si segue il gioco fin dall’inizio del calcio televisivo degli Anni ’50. Nel decennio successivo la dotazione delle telecamere aumenta e la regia fissa alcune regole fondamentali, assegnando ruoli e posizioni.
Cinque camere sull’asse centrale del campo garantiscono il gioco in totale e in campo stretto e i suoi protagonisti. Già dal 1966 è chiaro cosa debbono fare le personality cameras e quale sia la funzione della camera intermedia. Noi la chiamiamo camera d’attesa: aspetta il gioco in area nel momento del tiro dall’angolo, documenta le decisioni dell’arbitro e segue i giocatori non direttamente coinvolti nell’azione. Le camere sul terreno di gioco, all’altezza dell’area di porta, sono di tradizione cinematografica. Nel 1958, per Brasile-Svezia, si prova per la prima volta una delle due camere alte in curva, che verranno poi istituzionalizzate nel Campionato del mondo messicano del 1970. Le camere sulla linea dei 16 metri nascono per verificare il fuori gioco; oggi si usano anche per il tiro dal corner o quando l’azione è in area. La camera portatile, che consente di accompagnare i giocatori in campo e negli spogliatoi, è disponibile dalla fine degli anni ’60. La camera in controcampo, indispendabile  in molti stadi per vedere le panchine, diventa replay nell’ultimo Campionato del mondo in Messico. La camera sulla diagonale del campo, che ha illustri precedenti cinematografici in tutto il mondo, è a Wembley da sempre e consente belle inquadrature d’effetto.

Questo è l’impianto che, per Italia ‘90, useremo nella maggior parte degli stadi. Abbiamo recuperato quanto di meglio la tradizione televisiva del calcio ha offerto fino ad oggi e intendiamo aggiungervi quanto di affidabile il progresso tecnico ci mette a disposizione per la prima volta. Esistono oggi delle minicamere, grandi non più di un pacchetto di sigarette, che possono essere collocate tra le maglie della rete o, addirittura, dentro la traversa (proprio “dentro”). L’effetto è strepitoso! Per descriverlo bisogna immaginare di mettersi al posto della telecamera, dentro la rete o sopra la traversa. Con un’ottica appropriata si vede, da un palo all’altro, tutto lo specchio della porta. E’ una tecnologia collaudata, come quella delle ”moving cameras”, camere in movimento su carrello e dolly che si stanno provando in Francia. Collocate dietro la porta, consentono di vedere il rilancio del portiere e il posizionamento delle squadre in campo con un movimento verticale morbido e continuo.

Ci sarebbe molto di più. La sky-cam è una telecamera che una ditta americana guida con cavi di acciaio tirati tra quattro piloni esterni allo stadio. La partita è vista dal cielo, con una sola camera, con un. movimento continuo come solo il volo di un uccello potrebbe imitare. Ma è di difficile realizzazione, come ben si comprende.

Gli inglesi, che non demordono mai nella ricerca, stanno provando dei carrelli paralleli alla linea laterale del campo per accompagnare in movimento la fuga dell’ala prima del cross al centro. In Italia useremo una telecamera posizionata sotto un dirigibile ancorato a terra e in grado di dare immagini stabili da un’altezza di 150 metri. Siamo gli inventori delle immagini sintetiche per la simulazione delle azioni di gioco: il noto telebeam, che consente la ricostru.zione dell’azione al graphic computer. Una volta stabilite alcune coordinate, l’occhio del computer può liberarsi dalla posizione fissa delle camere e muoversi in ogni parte del campo. L’azione potrà essere rivista dal punto di osservazione dell’arbitro o dei guardalinee; ma anche da quello del portiere che ha subito il gol o del giocatore che ha segnato; ma  anche dal punto di vista del pallone che è stato calciato e anche da sotto il terreno di gioco, come nessuna telecamera potrà mai fare.

Per la prima volta un Mondiale di calcio sarà ripreso in Alta Definizione, un sistema televisivo che raddoppia il numero delle linee che formano l’immagine e dà veramente la sensazione di stare di fronte alla realtà. E’ la televisione che  avremo tra qualche anno, la televisione del futuro che muove nel calcio i suoi primi passi insieme  al suono stereofonico, poco apprezzabile negli attuali televisori ma indispensabile per i grandi schermi dell’Alta Definizione. Il calcio si affida alla tecnologia e alla scienza; provoca la fantascienza e l’immaginazione. Siamo agli inizi di una nuova mitologia del calcio per immagini?
 

Giancarlo TOMASSETTI

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