|
|
COMPLETO | |
La novità di questa quarta telecamera in moto è, in un certo senso, una novità anche stilistica del Giro perché consente di recuperare la posizione dello spettatore sulla strada. Il Giro infatti vive, dal punto di vista televisivo, di camere in movimento e, in particolare, di immagini dall’alto: è del tutto inusuale, per una persona, la visione della corsa dall’alto, come se fosse un uccello. Appunto per recuperare la nostra ‘radice’ terrestre si è ritenuto opportuno l’inserimento di questa quarta moto. Si tratta di una moto ‘jolly’, che può essere usata da ferma sia per i passaggi più ‘tecnici’ della gara (Gran Premio della montagna, traguardi volanti, rifornimenti, curve pericolose, ecc) sia per alcuni momenti per così dire ‘culturali’: l’operatore si apposta davanti ad una Chiesa, su un ponte con valenze architettoniche, davanti ad un castello... In altri casi, quella quarta camera si pone a lato della strada, in mezzo alla gente, per coglierne gli umori, la trepidazione, la partecipazione emotiva...
E poi ci sono le microcamere mobili... Sì, e per l’esattezza quattro. Già lo scorso anno, per la prima volta, montammo due microcamere sulle biciclette dei corridori. Quest’anno abbiamo provveduto a migliorarne le posizioni di installazione per ottenere ‘informazioni’ particolari. Ci sono infatti situazioni di corsa che possono essere coperte efficacemente solo attraverso tali camere: le discese molto ripide (dove le moto sono inevitabilmente più lente dei ciclisti e/o non possono stare vicino a loro), l’ondeggio della bicicletta nei momenti di massimo sforzo, la volata finale tirata da un corridore che lancia il velocista. Le microcamere pesano pochissimo (meno di una borraccia) ed i corridori le accettano senza difficoltà, anzi le richiedono. La novità del Giro di quest’anno è che altre due camere saranno montate, a rotazione, a bordo di due ‘ammiraglie’. Ciò apre un fronte giornalistico assolutamente inedito: si realizza nel ciclismo qualcosa di analogo a quello che si verificò in Formula Uno negli anni ‘80, quando le telecamere entrarono nei box, cioè direttamente nel ‘cervello’ della corsa. Analogamente, salire sulle ammiraglie durante il Giro, dialogare coi direttori sportivi, permette di coglierne le strategie di corsa, consente di saggiarne gli umori...
E’ una grossa fatica seguire il Giro? E’
indubbiamente una produzione faticosa (il Giro dura ventidue tappe...), che va affrontata con un passo da
‘montagna’ e non
da ‘velocista’.
Sono state date istruzioni particolari agli operatori delle camere poste all’arrivo delle tappe? Occorre
partire da una considerazione: a differenza del calcio, in ogni tappa esiste un
solo e vero goal, che è rappresentato dall’arrivo del vincitore. Nel tratto
finale che precede il traguardo sono piazzate quest’anno nove telecamere
(microcamere a parte). Anzitutto c’è infatti la necessità tecnica di mantenere
una buona copertura della corsa anche dopo che, all’inizio ultimo chilometro,
le moto, per regolamento, sono uscite di scena. In corrispondenza della linea
di traguardo, poi, le camere hanno compiti diversi.
Due parole anche sul ‘trucco’ utilizzato per ripulire la trasmissione dai disturbi di ricezione da mezzi mobili... Tutto è nato
da un’intuizione che ebbi qualche mese fa. Mi è venuto in mente che, vent’anni fa, le prime Tribune Politiche
televisive venivano registrate su nastri in bobina e
poi messe in onda mediante due macchine poste a distanza di qualche metro l’una dall’altra e attraverso le quali
scorreva fisicamente lo stesso nastro. |
|
Giancarlo TOMASSETTI |