Basket in TV

di Michele Romano
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A parlare del basket in televisione si rischia di finire su una panchina del parco e parlare come vecchietti dei ricordi di gioventù. Si dicono (e si sentono dire) sempre le stesse cose: perché non si conosce a fondo il mezzo, per interessi di parte, perché in fondo è sempre fin troppo facile pensare che "se ci fossi stato io...", perché non ci sono nuove proposte.

La verità è che fino ad oggi la televisione è vista dalle società esclusivamente come una straordinaria occasione per ottenere risorse in denaro: quasi 3 mld. in contanti per i diritti, poco più di 2 mld. per le spese di produzione delle partite. E' abbastanza (ma non moltissimo) per far galleggiare i bilanci della Lega e per sperare, ovviamente con altre entrate, di chiudere l'anno anche con qualche dividendo per i "soci".

E' una scelta come qualsiasi altra, la si può discutere, criticare, ma è così. E se questa strada fosse confermata anche per il futuro, sinceramente, non è centrale sapere se il produttore è Rai, Mediaset, La 7, Tele+, Stream o Teleportogruaro: l'importante è che il partner televisivo paghi, rispetti il contratto (che sia chiaro, però) e buonanotte!

C'è una straordinaria riflessione dello psichiatra Vittorio Andreoli ad un convegno il cui slogan era Dalla sanità alla salute: Non più attenzione sulla malattia ma sul benessere, quindi pensare alla salute come ad una sensazione positiva, di benessere appunto. D'accordo: lui si occupa di problemi più importanti e delicati del nostro, ma quella che propone è una rivoluzione copernicana, un deciso invito al cambiamento in un momento in cui intorno tutto cambia. Una sfida che - tanto per parlare di basket - non significa pensare se oggi esista un partner migliore della Rai o se forse è il caso di non mandare il basket in televisione; la vera sfida è rivoltare a 360 gradi il tema e pensare a cosa fare per rendere il basket uno sport realmente popolare, anche in televisione.

Qualche anno fa, parlando con l'allora Presidente Rovati, gli chiesi se forse era il caso - per migliorare seriamente il prodotto televisivo - pensare ad un gruppo di lavoro, a una felice collaborazione tra eccellenze, coinvolgendo giocatori, allenatori, dirigenti, registi, tifosi, tecnici per avviare anche una sola linea di sperimentazione: magari legata all'orario di inizio delle partite, o alla qualità delle riprese, o al contributo dei protagonisti in campo, o all'utilizzo delle nuove tecnologie e quant'altro. Tutto questo nella convinzione che il "prodotto basket" ha certo valori positivi e largo seguito, ma pur sempre rappresenta uno sport di nicchia e come tale è trattato dal mercato televisivo (nessuno relegherebbe in fondo ai palinsesti un qualsiasi programma in grado di esprimere un'audience a due cifre e, in ogni caso, gestire i palinsesti non è facile). Gli sembrò una buona idea, ma saltò qualche giorno dopo insieme al contratto con Omnitel.

Lavorando quotidianamente per la comunicazione dell'Associazione degli imprenditori (il basket è oggi per me "solo" un hobby), mi vengono in mente un paio di slogan che potrebbero legare bene le nuove politiche della Lega Basket in favore della crescita del nostro sport ed il mondo dei media ("new" e televisione in particolare): "investire con coraggio sul futuro" e "lavorare nel tempo con entusiasmo", magari con un occhio attento al benchmarking, che è una parola difficile che indica una strada semplice: guardare e monitorare cosa succede intorno, fissare gli obiettivi e verificare continuamente a che punto è la loro realizzazione.

Ecco perché, se queste sono premesse condivise, fa sorridere oggi sentire parlare di un telecronista migliore dell'altro, di uno spot che c'è da una parte e non dall'altra, di una diretta alle 18.30 invece che 2 ore più tardi, quando, ad esempio, trasmettendo in tecnologia digitale si potranno introdurre elementi di interattività con chi sta a casa: il televisore come terminale di accesso al campo di basket!

Michele Romano
 

Giancarlo TOMASSETTI

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